mercoledì 25 agosto 2010

Svegliati

Una delle cose più importanti da capire, per ciò che riguarda l’essere umano, è questa: egli è addormentato. Anche quando crede di essere sveglio, non lo è. La sua attenzione, il suo stato di veglia, sono molto fragili; la sua presenza cosciente è così superficiale da non avere alcun valore. Il suo essere sveglio è solo una bella parola, assolutamente vuota di significato.

Voi dormite di notte e dormite di giorno: dalla nascita alla morte continuate a cambiare modalità di sonno, ma di fatto non vi svegliate mai. Non siate così sciocchi da credere che solo aprendo gli occhi siete svegli. Se non si apriranno i vostri occhi interiori, se il vostro intimo non si riempirà di luce, se non riuscite a vedere il vostro essere, chi siete, non crediate di essere svegli.

Questa è la più grande illusione in cui l’uomo vive. E una volta accettata l’idea che sei già sveglio, non si pone il problema di fare uno sforzo per svegliarsi.

Come prima cosa, devi far penetrare in profondità nel tuo cuore l’idea che stai dormendo, che sei addormentato, sei assolutamente addormentato. Tu sogni in continuazione. A volte sogni a occhi aperti e altre volte a occhi chiusi, ma sogni sempre e comunque: tu sei un sogno. Non sei ancora una realtà.

Naturalmente, qualunque cosa tu faccia in un sogno, è priva di significato. Qualunque cosa pensi, non ha alcun senso; qualunque cosa progetti, rimane parte dei tuoi sogni, e non ti permette di vedere mai ciò che è. Ecco perché Buddha ha insistito tanto – e non solo Gautama il Buddha, ma tutti i buddha hanno sempre messo una fortissima enfasi su un unico punto: svegliati!Continuamente, per secoli, l’intero insegnamento di tutti i buddha può essere contenuto in un’unica parola: svegliati!

E tutti hanno escogitato metodi, strategie, hanno creato ambienti e spazi, e campi di energia nei quali puoi essere risvegliato alla consapevolezza. Di fatto, se non vieni martellato, se non sei scosso alle fondamenta, non ti sveglierai mai. Il sonno è durato così a lungo che ha raggiunto il nucleo essenziale del tuo essere, ne sei sommerso. Ogni cellula del tuo corpo e ogni fibra della tua mente sono colme di quel sonno. Non è un fatto da poco. Ecco perché occorre un grande sforzo per essere svegli, per essere attenti, all’erta, per diventare un testimone.

Se c’è un argomento sul quale i buddha concordano, è questo: l’uomo, così com’è, è addormentato, e l’uomo dovrebbe essere sveglio. Essere svegli è la meta, ed essere svegli – l’attenzione consapevole – è il sapore di tutti gli insegnamenti dei buddha: Zarathustra, Lao Tzu, Gesù, Buddha, Bahauddin, Kabir, Nanak, tutti gli illuminati hanno sempre insegnato un’unica cosa… in lingue diverse, con metafore differenti, ma la loro canzone è sempre la stessa. Proprio come il mare sa di sale – sia che il sapore venga dal Nord o dall’Est, dal Sud o dall’Ovest, il mare sa sempre di sale – il sapore del Buddha è questo essere svegli.

domenica 27 giugno 2010

ओशो: ला felicità

Essere gioiosi, felici, è la condizione naturale del nostro essere.

Come conseguenza del massiccio bombardamento di regole, convenzioni e indottrinamenti cui siamo quotidianamente sottoposti tale stato dell’essere inizia a venir meno sin dai primi anni di vita, mentre parallelamente si formano strati su strati di condizionamenti, pregiudizi e false credenze che impediscono alla nostra anima di respirare.

Noi abbiamo familiarità esclusivamente con la felicità e l’infelicità legate all’ego. Abbiamo perduto la capacità di godere della gioia naturale, appagante, stabile, che è parte integrante del nostro essere.

Conoscendo unicamente tale tipo di pseudo-felicità – una sorta di euforia, di eccitazione passeggera – l’uomo non può far altro che tentare di procurarsene in misura sempre maggiore. Ma questa felicità, oltre ad essere soltanto un sottoprodotto della vera gioia, è anche unita indissolubilmente al dolore: se la tua gioia dipende dall’approvazione degli altri, la loro disapprovazione ti renderà triste: sarai semplicemente un inerme burattino di cui gli altri tireranno i fili.

La chiave risiede nel rinunciare deliberatamente a tale genere di felicità legata all’ego per ritrovare, attraverso una profonda comprensione, la gioia che ci appartiene per diritto di nascita, quella indipendente dal giudizio altrui, e da cui soltanto la mancanza di consapevolezza ci separa.

Pur se ad uno sguardo disattento può apparire una scelta illogica, essendo l’unica forma di felicità da noi riconosciuta come tale, dovremmo compiere ogni sforzo per tentare di conseguire un atteggiamento di indifferenza al giudizio positivo degli altri (allo stesso tempo giungerà anche l’indifferenza al giudizio negativo). In seguito al raggiungimento dell’indifferenza al giudizio altrui, sorgerà di nuovo in noi la gioia naturale di cui è costituita la nostra essenza. Ponendo fine al continuo oscillare tra felicità ed infelicità egoica, proprio al centro, all’interrompersi delle oscillazioni, la vera gioia.

L’estasi è essere, è la nostra natura; per farla riappropriare del posto che le spetta dobbiamo comprendere di dover rinunciare alla “felicità” che conosciamo.

In analogia con quanto accade per l’apprendimento di qualsiasi altra abilità umana, per ottenere elevati livelli di tranquillità e gioia interiori dobbiamo osservare ed ispirarci agli individui più felici ed appagati della loro vita, e non ai più eruditi, o ai più potenti o ai più ricchi.

Gli avvenimenti esterni che hanno caratterizzato la parte della nostra vita vissuta fino a oggi, generando in noi una certa percentuale di dolore e frustrazioni, determineranno con ogni probabilità nella parte restante della nostra esistenza come individui la stessa percentuale di sofferenza e disagio.

Non è in nostro potere operare affinché si verifichino eventi esterni tutti a noi favorevoli: l’unica alternativa in nostro possesso è mettere in atto una graduale trasformazione interiore, per ottenere che ciò che accade fuori di noi possa influenzarci negativamente in misura sempre minore.

Gli stati d’animo di gioia e tranquillità che sperimentiamo nel raggiungere un particolare obiettivo, non sono determinati, come potrebbe sembrare ad un’analisi poco attenta, dal raggiungimento dell’obiettivo, ma dal placarsi della mente (al raggiungimento dell’obiettivo). Infatti, per un breve periodo, al conseguimento del risultato desiderato la mente si rilassa (non insegue nuove mete), prima di tornare nuovamente a generare ansie e tensioni in corsa verso il prossimo traguardo. E’ una mente calma che ci dona pace, non l’appagamento del desiderio in sé. Ed è, dunque, all’arrendersi della mente al nostro vero sé che dobbiamo puntare, non ad una realizzazione senza fine di desideri…

Il punto essenziale è: avere obiettivi genera ansia, non averne produce rilassamento. Il segreto consiste nel trasformare ogni obiettivo in preferenza, in modo che le sue caratteristiche ansiogene vengano neutralizzate. Gli obiettivi, pena frustrazioni e sofferenza psicologica, “devono” essere raggiunti. Le preferenze corrispondono a desideri che è piacevole veder realizzati, ma che non provocano sofferenza in caso contrario…

Una nuvola bianca non ha una strada propria, non resiste, non lotta, si lascia trasportare dal vento. Non va da nessuna parte, non ha destinazione, non ha un fine. Non riuscirai mai a deludere una nuvola bianca perché dovunque essa arrivi quella è la meta.

Quando tu hai un fine sei contro il Tutto, e sarai certamente frustrato, perché non si può vincere contro il Tutto.